23 luglio 2007

Filosofia, psicologia, neuroscienze.

Sul supplemento della domenica de Il Sole 24 Ore del 22 luglio sono apparsi due articoli che rivestono un grande interesse.
Il primo di essi si intitola Se il cervello si proietta sulla tela ed è stato scritto da Anna Li Vigni.
In esso si parla di estetica e neuroscienze e si fa riferimento a una raccolta di scritti a cura di Lucignani e Pinotti che porta il titolo Immagini della mente. Neuroscienze, arte, filosofia edito da Cortina.
L'autrice dell'articolo cita il fondatore dell'Istituto Londinese di Neuroestetica, Semir Zeki, il quale sostiene come gli artisti sarebbero dei neuroscienziati sui generis, capaci di interrogare il cervello umano con tecniche tutte loro.
"V'è ancora - scrive Li Vigni - una forte resistenza all'idea che un evento spirituale come l'arte sia da ricondursi a matrici biologiche (...) Recenti applicazioni di tecnologie avanzate di brain imaging (ad esempio, la risonanza magnetica funzionale o la PET, n.d.r.) hanno permesso di visualizzare quali zone del nostro cervello si attivano durante la fruizione o la creazione di un'opera d'arte".
Esempio tipico sono le pitture (brain painting) di Jackson Pollock che non potrebbero essere godute se ci si sforzasse di comprenderne intellettualmente il senso, mentre il nostro cervello visivo ne è catturato poichè (secondo Maffei, uno degli autori del volume citato) nell'apparente disordine della tela esso riconosce una riproduzione dei processi della propria memoria motoria.
Anche l'empatia, per esempio, trova (o troverebbe, n.d.r.) origine dall'azione dei neuroni mirror che stanno alla base di un meccanismo che ci permette di imitare istintivamente, o anche solo di comprendere, le azioni degli altri, senza imitarle.
Lo stesso meccanismo di specchio sarebbe alla base delle emozioni primarie che suscitano in noi talune immagini.
La neuroestetica, disciplina giovane, ci dice quindi come reagisce il nostro cervello di fronte all'arte e di fronte al bello.
Sempre nella stessa pagina de Il Sole 24 Ore, appare un altro articolo, di Roberto Casati, in cui viene presentato il volume di Paola Bressan intitolato Il colore della luna. Come vediamo e perchè edito da Laterza. Qui si parla del rapporto tra neuroscienze e psicologia della percezione visiva.
Perchè siamo affascinati dall'immagine di una donna con le pupille più dilatate rispetto a una dalle pupille molto piccole? Perchè per il dongiovanni avviene il contrario? Perchè vediamo la luna bianca mentre è grigia? Perchè, se le avviciniamo un oggetto bianco, la vediamo finalmente grigia?
Ci troviamo, qui, nell'ambito della cosiddetta psicologia evoluzionistica che segue il seguente metodo: si formula un'ipotesi sufficientemente ragionevole sull'ambiente adattivo e, a partire da questa, si fa un'ipotesi su una caratteristica cognitiva cui non si era pensato finora (es. il dongiovanni ha una visione binoculare, come i predatori, come l'ex predatore che è il cane, e non è interessato alle pupille dilatate che esprimono interesse verso di lui mentre egli semplicemente massimizza le sue possibilità riproduttive senza cercare legami stabili).
E' la conferma di questa caratteristica a costituire una convalida del processo.
Il paradigma emerge perchè ormai queste spiegazioni sono molte e articolate e perchè si incomincia a intravvedere, a medio termine, una promettente unificazione tra psicologia e biologia.
Si tratta di una fase di grande interesse, confermata dagli sviluppi delle neuroscienze che nel corso di questi anni hanno dimostrato sperimentalmente come le emozioni, i sentimenti e le reazioni degli individui si formano attraverso precise attività compiute dal cervello, attraverso l'entrata in funzione o l'inibizione di talune parti del cervello stesso.
Questa evoluzione nella ricerca riporta, da una parte, all'interno fisico dell'individuo la funzione attiva da lui svolta in relazione a emozioni, sentimenti, reazioni.
Dall'altra parte, riapre il discorso sulla mente e sulla coscienza come agenti di consapevolezza del proprio essere esistente (in tutti i sensi del verbo esistere): quello che Dennet definisce: whatisitliketobe.
Da un'altra parte ancora, sembrerebbe fornire una visione biologica dell'inconscio intendendo, con questa definizione, che l'inconscio è nient'altro che l'attività del cervello di fronte a stimoli di vario genere che determinano il generarsi di emozioni, sentimenti, reazioni, ecc.
Se queste ricerche si svilupperanno (come sembra) e con successo, producendo risultati eclatanti come quelli finora ottenuti, pare interessante notare come la biologizzazione della psicologia finisca per andare a negare funzione e validità alle psicoterapie.
Riportando, in luce, di fatto la funzione della filosofia (filosofia morale, etica, pratiche filosofiche). Queste ultime avranno sempre più spazio per intervenire sulla coscienza, in quanto consapevolezza della condizione di esistente e, quindi per lavorare in quel campo che le psicoterapie hanno cancellato pretendendo di ridurlo a una subordinata dell'inconscio che esse sole sono in grado di analizzare e muovere.