13 dicembre 2006

Esistenza possibile.


"Per l'essere-se-stesso, manifestarsi significa cogliere e superare il semplice reale nel senso empirico, in favore di una Esistenza possibile" (Karl Jaspers La mia filosofia).
Nel manifestarmi io mi perdo come esserci empirico per conquistarmi come Esistenza possibile.
Nel chiudermi in me stesso mi conservo come esserci empirico ma devo fatalmente perdermi come Esistenza possibile.

05 dicembre 2006

L'enigma del solitario.

Dieci anni fa veniva pubblicato in Italia, per la prima volta, L'enigma del solitario. Romanzo filosofico di Jostein Gaarder autore de Il mondo di Sofia.
Voglio solo riportare l'ultimissimo capoverso dell'Enigma per ricordare il nostro grande tema.
Il tempo ci rende adulti. E il tempo fa sì che antichi templi crollino e che isole ancora più antiche sprofondino nel mare.
C'era davvero un libro nel più grosso dei quattro panini che il panettiere di Dorf mi aveva messo nel sacchetto? Non c'è domanda che rivolga a me stesso con maggiore frequenza. Analogamente a Socrate, potrei dire: "Una sola cosa so: ed è di non sapere nulla".
Ma qualcosa, dentro di me, sa che c'è ancora un Jolly in giro per il mondo. Sarà lui a far sì che il mondo non si addormenti. In qualsiasi momento, in qualsiasi luogo, potrebbe spuntare un minuscolo giullare coperto di campanelli. E allora, guardandoci dritto negli occhi ci ripeterà le domande: "Chi siamo noi? Da dove veniamo?".
Sapremo noi essere sempre dei minuscoli giullari?

07 novembre 2006

Uno spazio logico di interlocuzione per il dialogo filosofico.

Si tratta di quello spazio interlocutorio comune individuato da Francis Jacques e con il quale dichiara superata, nel processo comunicativo relazionale, ogni lettura atomistica del processo stesso.
Non più una interazione comunicativa come azione (reazione) che passa da un soggetto all'altro. Esiste un sistema di ordine superiore (definito Sigma R) rispetto alla coppia di soggetti in relazione (S1 e S2) per cui il messaggio per il ricevente è contemporaneamente un messaggio per l'emittente.
"Mi dico ciò che ti dico": non si significa senza comprendere.
Si viene in questo modo a stabilire una sorta di spirale comunicativa che è il risultato dell'effetto di perturbazione che avviene quando il soggetto emittente (S1) emette un messaggio di cui il soggetto ricevente (S2) dovrà compensare per ristabilire l'equilibrio.
Si tratta, qui, di una compensazione parziale poichè il soggetto emittente (S1) dovrà comportarsi allo stesso modo nei confronti di ciò che emette il soggetto prima ricevente (S2).
Il soggetto si rende visibile a se stesso nell'allocuzione al tu ed è proprio nello scambio che gli interlocutori si riconoscono in un rapporto di reciprocità.
Questa visione della dinamica relazionale interlocutoria, acquisisce una prospettiva etica attraverso un vero e proprio atto di responsabilità intersoggettiva.
Siamo nell'ambito di un'attività congiunta finalizzata alla costruzione di mondi possibili. Non più nella trasmissione di mondi diversi che devono trovare una mediazione di tipo comunicativo.
Siamo, quindi, nel punto focale del rapporto dialogico della comunicazione interpersonale. Un punto su cui vale la pena concentrarsi, a mio parere, in quanto - forse - qui sta la forza relazionale propria della consulenza filosofica.
(Cfr. sullo spazio interlocutorio comune: Carlo Galimberti From communication to conversation in Ricerche di Psicologia, Milano 1994)

04 novembre 2006

Nulla è statico. Meno che mai il dialogo.

"Quando mi dici qualcosa, io verifico di aver compreso il tuo messaggio ripetendolo con parole mie, perchè se lo ripetessi con le tue parole tu potresti dubitare che io abbia capito. Ma se uso le mie parole il risultato è che cambio il tuo significato, anche se solo di un poco... La conversazione è come giocare a tennis con una palla fatta di gomma semiliquida, che ha una forma diversa ogni volta che attraversa la rete...".
David LODGE Small World

25 ottobre 2006

La filosofia come terapia per la mente. Da: Lino Missio "Io preda del mio sosia" 2005

"Oggi più che nel passato si tende a “patologizzare” ogni forma di comportamento umano che risulti al di fuori dei canoni previsti. Questo atteggiamento ha portato ad una catalogazione di nuove forme patologiche della mente. Le stesse attività svolte dallo psicologo e dallo psichiatra spingono a scorgere segnali di natura psicopatologica in tutti gli atteggiamenti umani.
Questo accade proprio perché è la stessa veste clinica che porta a conclusioni “medicalizzate”.
L’eccessiva osservazione clinica, dunque, ha portato a trascurare la cultura, i costumi, le credenze e i desideri dell’uomo, studiandone il comportamento in termini matematici. Questo atteggiamento scaturisce da una convinzione, del tutto infondata, comune a molti scienziati: quella che le scienze fisiche e matematiche, come hanno avuto successo con lo studio dei fenomeni naturali, possano fare altrettanto con lo studio della psicologia umana.
Il comportamento umano è il risultato di complesse interazioni fra geni, ambiente e cultura, ed è improbabile che la fisica e la matematica possano prevederne e controllarne i cambiamenti.
Utilizzare la filosofia come metodo per la risoluzione dei problemi significa, dunque, considerare sacrosanta la libertà di pensiero e di azione dell’uomo. In questo senso, con la filosofia, si apre uno spiraglio verso la libertà di scelta dell’essere umano. Non tutti i filosofi, però, sono d’accordo sull’utilizzo delle conoscenze filosofiche come rimedio per la soluzione dei disagi dell’uomo. La maggior parte di loro, infatti, crede che la filosofia sia una disciplina esclusivamente accademica e riservata a pochi eletti. È proprio questo pensiero che ha portato le scienze filosofiche a non avere una “vendibilità” in campo lavorativo, al contrario di quello che è accaduto per le scienze mediche, biologiche e fisiche che, soprattutto in questi ultimi cento anni di storia, si sono guadagnate una posizione solida nella nostra realtà lavorativa.
Far accettare la tesi che la filosofia sia importante per la risoluzione dei problemi non è comunque facile. Nei prossimi anni, con gli approfondimenti e i risultati di nuove ricerche nel campo della filosofia, quella pratica, si assisterà ad un radicale cambiamento nel settore della salute mentale, dove quest’affascinante disciplina avrà un suo ampio margine di lavoro. È su queste premesse che molti filosofi oggi portano avanti la consulenza filosofica".

01 settembre 2006

Emersione dall'immanenza.

Nel suo interessante testo Teoria e pratica della consulenza filosofica Peter B. Raabe individua, tra le fasi della pratica, quella che definisce "del trascendimento".
Si tratta di quella fase in cui, dopo aver sviluppato l'anagrafica e aver cercato di intervenire sui problemi più immediati del consultante, il filosofo opera per aiutare lo stesso consultante a separare i leit-motiv emersi dal dialogo dall'immanenza della vita, al fine di considerarli come elementi "altri", riqualificandoli e rivitalizzandoli.
Volendo considerare l'esistente non solo dal suo essere-nel-mondo ma anche nel suo progettare il proprio essere-nel-mondo, ecco che il percorso della consulenza filosofica potrebbe essere quello di portare o ri-portare l'individuo (il consultante) alla sua condizione di persona come essere progettuale, facendolo emergere dall'immanenza (cfr. de Bouvoir), dal flusso irriflessivo della vita umana in cui non si opera la libera scelta per intraprendere progetti (cfr. Grovier), dallo scacco (cfr. Sartre), dall'illusione dell'illimitato esistenziale (cfr. Lacroix).
In sintesi, da quello stato compresso dell'essere nel quale l'esistente è così assorbito nel mondo da rendere quest'ultimo tanto ovvio quanto inosservato nel corso delle attività della propria vita (cfr. Heidegger).

31 luglio 2006

La ragione rivoluzionaria.

Sull'ultimo numero di RESET troviamo un interessante saggio di Ermanno Bencivenga su Anselmo d'Aosta nel quale, partendo dal "credo ut intelligam", il filosofo centra l'attenzione sulla rivoluzionarietà della ragione.
Il procedere logico della ragione è un'operazione rivoluzionaria.
Il "credo ut intelligam" di Anselmo si riflette nella logica kantiana del ricercare la possibilità di ciò che sentiamo, di ciò che pratichiamo.
La logica ha una sua anima sovversiva in quanto, volendo stabilire un'argomentazione logica perfettamente cogente, ci si interroga su tutti i possibili errori che sono celati dietro ogni possibile passo.
Tale operazione, secondo Bencivenga, è quella che fanno i bambini che - con spirito insieme logico e filosofico - trovano il punto debole delle argomentazioni che vengono loro proposte fino a che l'adulto non si stanca e chiude il discorso dicendo "così è, e basta!".
Nell'epoca contemporanea, in cui i sistemi di conoscenza e di informazione sociale si comportano come adulti stanchi, l'essere umano deve tornare a comportarsi come un bambino che cerca i punti deboli di quanto trova di fronte a sè e di quanto sta dentro di sè.
Solo così, decostruendo secondo ragione, l'essere umano può riposizionarsi (o posizionarsi) attivamente nel mondo.

22 febbraio 2006

Avere una concezione del mondo?

Uno dei temi importanti della pratica filosofica è consentire la rielaborazione della propria concezione del mondo.
Già...
Ma a ben pensarci, taluni gruppi di persone sembrano non essersi mai costruiti una loro concezione del mondo. Per costoro è, dunque, difficile "rielaborarla".
Questi individui, questi gruppi, non hanno mai affrontato il problema della conoscenza della realtà in cui vivono, non si sono mai posti le domande fondamentali dell'uomo.
Si limitano - invece - a cercare informazioni su ambiti parziali della realtà e dell'esistenza.
Non affrontano il percorso (duro ma essenziale) di ricerca - selezione - riflessione - organizzazione - costruzione.
Si limitano al "rinvenimento".