25 ottobre 2006

La filosofia come terapia per la mente. Da: Lino Missio "Io preda del mio sosia" 2005

"Oggi più che nel passato si tende a “patologizzare” ogni forma di comportamento umano che risulti al di fuori dei canoni previsti. Questo atteggiamento ha portato ad una catalogazione di nuove forme patologiche della mente. Le stesse attività svolte dallo psicologo e dallo psichiatra spingono a scorgere segnali di natura psicopatologica in tutti gli atteggiamenti umani.
Questo accade proprio perché è la stessa veste clinica che porta a conclusioni “medicalizzate”.
L’eccessiva osservazione clinica, dunque, ha portato a trascurare la cultura, i costumi, le credenze e i desideri dell’uomo, studiandone il comportamento in termini matematici. Questo atteggiamento scaturisce da una convinzione, del tutto infondata, comune a molti scienziati: quella che le scienze fisiche e matematiche, come hanno avuto successo con lo studio dei fenomeni naturali, possano fare altrettanto con lo studio della psicologia umana.
Il comportamento umano è il risultato di complesse interazioni fra geni, ambiente e cultura, ed è improbabile che la fisica e la matematica possano prevederne e controllarne i cambiamenti.
Utilizzare la filosofia come metodo per la risoluzione dei problemi significa, dunque, considerare sacrosanta la libertà di pensiero e di azione dell’uomo. In questo senso, con la filosofia, si apre uno spiraglio verso la libertà di scelta dell’essere umano. Non tutti i filosofi, però, sono d’accordo sull’utilizzo delle conoscenze filosofiche come rimedio per la soluzione dei disagi dell’uomo. La maggior parte di loro, infatti, crede che la filosofia sia una disciplina esclusivamente accademica e riservata a pochi eletti. È proprio questo pensiero che ha portato le scienze filosofiche a non avere una “vendibilità” in campo lavorativo, al contrario di quello che è accaduto per le scienze mediche, biologiche e fisiche che, soprattutto in questi ultimi cento anni di storia, si sono guadagnate una posizione solida nella nostra realtà lavorativa.
Far accettare la tesi che la filosofia sia importante per la risoluzione dei problemi non è comunque facile. Nei prossimi anni, con gli approfondimenti e i risultati di nuove ricerche nel campo della filosofia, quella pratica, si assisterà ad un radicale cambiamento nel settore della salute mentale, dove quest’affascinante disciplina avrà un suo ampio margine di lavoro. È su queste premesse che molti filosofi oggi portano avanti la consulenza filosofica".

1 commento:

Anonimo ha detto...

Caro Renato, ti ringrazio della tua mail e raccolgo on-line il tuo invito di partecipazione.
Concordo con quanto scrivi a proposito dell'eccessiva "medicalizzazione" che contraddistingue la cultura "tecnica" dell'epoca in cui viviamo. Più sotto affermi che: "Far accettare la tesi che la filosofia sia importante per la risoluzione dei problemi non è comunque facile." Ebbene, credo che un altro tabù dal quale dovremmo liberarci, attraverso la consulenza filosofica, sia proprio quello del "problem solving" anch'esso collegato alla mentalità "tecnicista" e "medicalizzante" che criticavamo sopra.
Personalmente trovo che la necessità di presentare la CF come "solutrice di problemi" sia soltanto una necessità "ironica", nel senso che, spesso, non si può fare a meno di utilizzare il linguaggio comune - quindi anche quello del consultante - prima di sottoporlo a critica e a decostruzione. Ma la cosa più interessante, probabilmente, è che è lo stesso consultante, in genere, ad effettuare questa operazione durante o dopo gli incontri di consulenza. La cosa che l'ha maggiormente sollevata nel setting consulenziale e nel modo di porsi del consulente rispetto alla psicoanalisi - ha dichiarato una mia consultante di recente - è proprio la libertà, la possibilità di "prendersi il tempo", di essere pienamente "se stessa", senza doversi preoccupare di "risolvere il problema" o di dimostrare di "aver imboccato la strada della guarigione". Quindi, nessun problema da risolvere, ma il gusto di dedicarsi a se stessi, filosofando. Che poi il "problema" si risolva da sé - notando come all'improvviso si sia dissolto in una bolla di sapone linguistica o concettuale - ebbene, ben venga. Ma io non ho davvero fatto nulla affinché ciò avvenisse. O meglio, nulla di mirato, nulla di tecnico, non ho usato nessuno strumento. Ogni cosa, azione, gesto, parola, è uscita "naturalmente" nel dialogo: è stata assolutamente fine a se stessa. Che sollievo!
a presto
complimenti per il blog
Francesco