25 novembre 2005

Filosofare intorno all'uomo.

Oggi occorre avere il coraggio di ritornare ai principi.
Occorre ripartire dalla domanda principale dedicata al rapporto dell'uomo con il mondo, con la realtà.
Il rapporto del sè con l'altro. La relazione tra l'in-sè e il fuori-di-sè.
Occorre riproporre la domanda su come l'uomo possa relazionarsi con la realtà e, quindi, relazionarsi con se stesso in quanto parte della realtà.
Come può l'uomo relazionarsi con il mondo? Cosa sovrintende a tale sua relazionalità?
Che cosa entra in gioco nelle fasi primarie, fisiche, del rapporto col mondo? E cosa nelle fasi secondarie, culturali?
Occorre ripartire dall'origine immanente. Cioè dal cervello e dalla mente. Organo, l'uno, e struttura, l'altra, che determinano il rapporto primario e secondario con il mondo.

17 novembre 2005

L'individuo in-sè e per-sè.

Adler attribuì la nevrosi alla volontà di potenza inespressa. Freud alla libido sessuale repressa. Jung alla non raggiunta armonia dell'ego e dell'inconscio nel sè.
L'analisi della nevrosi realizzata dai tre funziona solo fino a quando il mondo, come informazione e comunicazione, resta fermo. Se resta fermo il mondo, allora anche l'individuo è statico in se stesso.
E' necessario, oggi, analizzare l'individuo nel suo incostante ma, comunque, sempre più veloce movimento all'interno di un mondo in continua trasformazione, a una velocità sempre crescente.
L'individuo, che è destinato a vivere-nel-mondo, ha la necessità di possedere gli strumenti mentali, culturali e tecnici per muoversi alla stessa velocità del mondo, nel mondo stesso.
La mancanza di ciò determina il rischio di espulsione.
L'analisi delle nevrosi nel mondo contemporaneo deve, per forza, tener conto di questo fatto nuovo.
I cambiamenti riguardano il sistema di informazione, le regole e le tecniche della comunicazione, la trasformazione del sistema di produzione, la creazione di un nuovo status sociale all'interno del quale essere-per-esistere nel mondo.
Tutto parte dalla fine degli anni Settanta del secolo scorso, si sviluppa nei primi anni Ottanta ed esplode negli ultimi vent'anni.
Il disagio odierno genera nevrosi che si esprimono con la necessità e con la minore, o maggiore, capacità di essere qui e ora; nel rapporto tra Sein e Dasein in un tempo non più scandito dai giorni ma dalla quantità di informazione che produce cambiamento generale.
E' proprio la necessità di sopravvivere che, oggi, provoca nevrosi.
Il rischio è quello di voler continuare ad analizzare l'individuo in-sè, sperando di risolvergli i problemi.
Egli deve anche, e soprattutto, essere analizzato per-sè, cioè nella sua qualità sociale.
L'individuo, oggi, non può che essere in-sè e per-sè.

Lettera sull'Umanismo (M. Heidegger)

"Ma l'essenza dell'uomo consiste nel fatto che egli è qualcosa di più che un semplice uomo inteso come essere vivente fornito di ragione. Il "più" non deve essere qui pensato nel senso di un'aggiunta quantitativa, come se la tradizionale definizione dell'uomo dovesse restare la determinazione fondamentale, e subire quindi un ampliamento mediante l'aggiunta della nozione di esistenza. Il "più" significa: più originario e quindi più essenziale nella sua essenza. Ma proprio qui compare l'enigma; l'uomo è nell'essere-gettato; cioè l'uomo come risposta ek-sistente all'essere è più che l'animal rationale, proprio in quanto è meno rispetto all'uomo che si concepisce, a partire dalla soggettività. L'uomo non è il signore dell'essente. L'uomo è il pastore dell'Essere. In questo "meno" l'uomo non ci rimette nulla, anzi ci guadagna, in quanto perviene nella verità dell'Essere. Guadagna l'essenziale povertà del pastore, la cui dignità consiste nell'essere chiamato dallo stesso Essere a guardia della sua verità. Questa chiamata viene con il gettare da cui si origina l'essere-gettato dell'Esserci. L'uomo nella sua essenza storico-ontologica è quell'essente, il cui essere in quanto ek-sistenza consiste nell'abitare nella vicinanza dell'Essere. L'uomo è il vicino dell'essere. Ma - mi vorrete obiettare già da tempo - tale pensiero non pensa appunto l'humanitas dell'homo humanus? Non pensa questa humanitas in un significato così decisivo, come nessuna metafisica ha pensato e mai poteva pensare? Non è esso umanismo nel senso più radicale? Certo. Esso è l'umanismo che pensa l'umanità dell'uomo a partire dalla prossimità dell'Essere. Ma è nello stesso tempo l' "umanismo" in cui è in gioco non l'uomo, ma l'essenza storica dell'uomo nella sua provenienza dalla verità dell'Essere".