22 settembre 2008

Altri interventi, anche di striscio, sulla Consulenza Filosofica.

Proseguo nell'informazione sulla consulenza filosofica, inserendo un articolo di Nicla Vassallo apparso sul Domenicale de Il Sole - 24 Ore e diffuso anche dal sito Rescogitans.it.
In questo articolo sulla pop-filosofia Nicla Vassallo tocca il tema della Consulenza Filosofica in maniera abbastanza "definitiva".
A voi la lettura.
Sopravvivere al pop pensiero (Il Sole 24 Ore - 29 giugno 2008)
" Guardare o non guardare “Lost”, “24”, “C.S.I.”, e quant’altro? Seguo alcune serie, lo confesso, specie “Damages” per la superba Glenn Close, ma anche per dissipare tristezze e deliri filosofici, così come David Hume giocava a tric-trac, mentre Ludwig Wittgenstein leggeva “crimes fiction”. Non so come loro avrebbero giudicato tomi di filosofia del tric-trac, di filosofia dei polizieschi, o quelli che oggi impazzano sulle serie televisive; io non esiterei a classificarli tra i volumi dozzinali che consegnano il discorso filosofico alle perversioni di un mercato editoriale ove il profitto a qualunque costo ha spesso il sopravvento sull’eleganza e la ricercatezza della qualità.
A fiutare il business sono state per prime le case editrici straniere (quelle italiane non fanno altro che seguire a ruota) con i loro tanti, troppi titoli che estendono la filosofia a qualsiasi “prodotto” di successo; per esempio, la collana “Popular Culture and Philosophy Series” della Open Court ha già trattato di Signore degli anelli, baseball, Sopranos, Harry Potter, Supereroi, dieta Atkins, Bob Dylan, Harley-Davidson, poker, U2, James Bond, Quentin Tarantino, iPod, e via dicendo. Sarò anche una cassandra, ma questa filosofia da discount non potrà che riciclarsi, ricalcando e ricopiando se stessa – del resto, il plagio è stato recentemente sdoganato dagli atti disdicevoli – e non mi stupirò se giungerà a dare il meglio di sé, puntando su titoli come “L’etica di Paris Hilton”, “L’estetica di David Bechkam”, “La metafisica di Nintendo”.
Dubito del fatto che questi volumi abbiano qualche chance di rappresentare reali divertissement (lo sguardo di Glenn Close non ci può certo venire restituito da un filosofo maldestro), così come del fatto che siano buone opere divulgative. In realtà, risultano spesso incapaci di semplificare il discorso filosofico, e a volte cadono, anzi, in quella che Thomas Hobbes chiamava la «maniera di parlare scolastica: l’intelletto intende, la vista vede, la volontà vuole; e, per una giusta analogia, la passeggiata, o almeno la facoltà di passeggiare, passeggerà». Per di più, al fine di rendere davvero comprensibile la filosofia al grande pubblico, occorre una solida competenza filosofica, oltre che un certo talento, e «voler pensare è una cosa; aver talento per pensare, un’altra», preciserebbe Wittgenstein.
Rendere chiare le argomentazioni complesse e le analisi sottili non deve significare appiattire la filosofia su Harry Potter o Paris Hilton. Però perché non consacrare l’uno e l’altra a modelli di vita cui ispirarsi? Già, non manca neanche la filosofia che impartisce qualche suggerimento, più o meno assennato, su come vivere, finge che ci sia una “fazione” (morale, politica, religiosa) avversa, dà l’impressione di elargire saggezze. Magari di vera filosofia non si tratta, eppure ha ormai invaso gli scaffali delle nostre librerie, dove troviamo persino una collana in cui a consigliarci sul “saper vivere” sono alcuni cosiddetti consulenti filosofici – figure raccapriccianti per chi crede che la filosofia sia innanzitutto analisi concettuale, esperimenti mentali, ragionamento rigoroso. «Logica ed etica sono sostanzialmente la stessa cosa: un dovere verso se stessi», diceva Otto Weininger, ma in pochi lo vogliono ricordare.
Non c’è forse bisogno di sfuggire alla propria quotidianità con la filosofia delle diete, delle serie tv, dei supereroi, delle ereditiere? Di riflettere su cosa si guarda, si legge, si copia, così come su se stessi? Di capire se vivere bene sia una questione di scelta, di opportunità, di moda? Cosa dobbiamo mettere al centro della nostra vita? Quali sono le nostre priorità? Serie televisive, incantesimi, pettegolezzi, dottrine pedestri, oppure felicità, moralità, fede (agnosticismo, ateismo), famiglia, edonismo, realizzazione di sé? Cos’altro? Caviale e champagne forse guastano? D’accordo, c’è caviale e caviale, quello del discount e quello reale dell’almas beluga – ad alcuni palati si addice l’uno, mentre ad alcuni palati l’altro. Parallelamente, ci sono libri di filosofia e libri di filosofia, una cosa sono quelli “pop” (da “popular”), ben altra i classici – ad alcuni cervelli si addicono i primi, mentre ad alcuni cervelli i secondi.
Tuttavia, non voglio negare che nel variopinto universo della filosofia pop ci siano voci più oneste di altre. “The Weight of Things. Philosophy and Good Life” (Blackwell, Oxford, pp. 177, £. 9.99), per esempio, è un volume non saccente, argomentato con poca retorica altisonante, corredato di una nutrita bibliografia, che tenta di rispondere a domande – mi pare che l’autrice, Jean Kazez, faccia poco per nasconderlo – sul significato della propria specifica vita, e non sul significato della vita. Aristotele, Buddismo, Dio, cristianità, famiglia, felicità, fortuna, moralità, morte, necessità, Platone, religione, stoicismo (l’epicureismo viene liquidato in poche righe), Tolstoj (con la sua crisi mistico-esistenziale e la sua cosiddetta conversione), utilitarismo sono i temi su cui Kazez si sofferma di più – un bel pot-pourrì.
Amante sfrenato della tuttologia e conseguentemente della grossolanità, il lettore di pop non farà del resto troppo caso ai “dettagli”: al fatto, per esempio, che al problema della conoscenza venga dedicata solo qualche misera paginetta. Eppure, se avesse torto Aristotele a sostenere che noi esseri umani aspiriamo per natura alla conoscenza, che senso avrebbe cercare (di conoscere) il significato della vita, sia che con esso s’intenda il significato della nostra particolare vita, o di qualsiasi altra vita? Ma il lettore di pop è già sotto l’ombrellone di una spiaggia affollata, sta leggendo un libro pop e non deve concentrarsi: chissà se ha colto il significato della domanda. Io, invece, lontana dalle fiumane estive, per divertissement ascolto Marin Marais – di cui la filosofia pop non si occuperà probabilmente mai – e sul divertissement dissento da Blaise Pascal".

2 commenti:

Anonimo ha detto...

La ringrazio per Blog intiresny

Anonimo ha detto...

molto intiresno, grazie