26 settembre 2008

La fabbrica della paura.

Voglio inoltrarmi in un tema che non è strettamente connesso al mio blog ma che molto ha a che fare con la percezione della realtà che tutti i giorni sperimentiamo e con i messaggi che si cerca, in varie situazioni, di far passare.
Ieri sera capito per caso sulla trasmissione Otto e mezzo in onda su La7 alle 20,30 e condotta quest'anno da Lilli Gruber.
Il tema della serata era la "paura". Tema che nasceva dalla pubblicazione dei dati Censis sulla paura percepita dai cittadini con particolare riferimento ai cittadini di Roma.
Un argomento stuzzicante per sviscerare il quale sono stati invitati Annamaria Testa (pubblicitaria e docente non so di cosa alla Bocconi), il prof. Boncinelli (genetista del San Raffaele di Milano) e il Ministro La Russa.
Al di là di un modestissimo appunto circa la debolezza della gestione del programma, tutt'altra cosa rispetto a quando il conduttore principe era Giuliano Ferrara, mi sono sentito precipitato in una trappola buonista in cui l'unico che manteneva salda la rotta, e la dignità, era il Prof. Boncinelli.
Due argomenti mi hanno veramente scandalizzato, anche perchè fortemente falsi.
Il primo, portato da Annamaria Testa: la pubblicità non gioca i suoi messaggi sulla paura ma promette qualcosa di migliore che risponde a bisogni definiti.
Ma come?!?! Basta guardare una normale serie di spot pubblicitari per accorgersi di come la paura sia la padrona.
Dietro una crema antirughe c'è la paura di invecchiare, dietro un chewing gum senza zucchero c'è la paura del dentista (dolore e costo) e del giro vita, dietro una macchina con 6 airbag c'è la paura dell'incidente, dietro un salvalavita c'è la paura di non essere soccorsi, e via dicendo.
Come si fa a dire che la pubblicità non gioca sulla paura quando essa è la motivazione più o meno inconscia che determina la strategia comunicativa della maggior parte della pubblicità in visione! Certamente, non c'è solo la paura. Ci sono altre leve psicologiche, anche piacevoli. Ma non si può dire che la paura non sia una leva psicologica del messaggio pubblicitario.
Nella trasmissione si sono susseguiti un bel po' di luoghi comuni tesi forse ad addormentare un tema scabroso ma nessuno che si sia spinto a domandarsi come la paura giochi un ruolo fondamentale nella formazione della visione del mondo degli individui e come essa, ormai, si qualifichi non più solo come paura-di-qualcosa ma come paura-di-tutto senza che l'individuo sia in grado di determinare cosa sia veramente questo tutto, finendo in stati di angoscia permanente che esplodono nel momento in cui una delle paure si svela nella sua particolarità e si determina come, ormai, inaffrontabile. Rileggiamo i libri, i romanzi, i testi teatrali di Jean-Paul Sartre e scopriamoci lì dentro, ne La Nausea, nei Sequestrati di Altona, ne Il diavolo e il Buon Dio, in Nekrassov...
Finchè, sempre, nella trasmissione televisiva, si arriva a proporre che gli individui hanno paura di ciò che non conoscono e questo è determinato da ignoranza. Il buon Professor Boncinelli, l'unico a quel punto a cercare di dire cose sensate visto che nessuno gli aveva ancora dato la possibilità di spiegare, e spiegarsi, cosa ci facesse lui - genetista - lì a parlare di paura, proponeva il tema dell'analfabetismo di ritorno.
E a questo punto, apriti cielo!, Gruber e Testa da sinistra e La Russa da destra a dire che non si può parlare di analfabetismo in un Paese come l'Italia che dal primo dopoguerra ha fatto passi da gigante per combattere l'analfabetismo, per portare l'istruzione a tutti i livelli della società, ecc..
Ma il povero Boncinelli non parlava della mancanza di istruzione! Parlava di analfabetismo di ritorno; di quel fenomeno, cioè, per cui grazie alla televisione non si è capaci di concentrarsi per più di 5 minuti di fila; per cui si legge una pagina di un libro o un capitolo e non si è più capaci di sintetizzare ciò che si è letto; per cui non si è più capaci di scrivere in buon italiano perchè lo abbiamo disimparato a favore dell'sms-linguaggio (paradigmatico il caso del professore a ingegneria che scrive "che" alla maniera dell'sms, cioè "ke" e sostiene che quello è il modo giusto).
L'analfabetismo di ritorno è quello stato per cui non si riflette più su quello che si vede e che si legge ma lo si assorbe acriticamente. Non è il non saper leggere o scrivere!
Non riuscivo a capacitarmi della situazione ma poi ho pensato che ognuno di loro aveva qualcosa da paludare: la pubblicità studiata per trattare il consumatore da idiota, la televisione spazzatura, il fulgido ventennio, la sinistra del "tutti promossi", ecc. Solo Boncinelli voleva e doveva mantenere rispetto per se stesso e per la scienza che rappresenta.
Il tutto intervallato dalla frasetta ben imparata da quella grande professionista che è Lilli Gruber: "la risposta ce la darà...dopo la pubblicità!".
...e al colmo della mia perplessità, in perfetto orario - alle 21,10 - ogni discussione veniva interrotta per la programmazione del telefilm serale.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Sono tornata anche stasera sul tuo blog...facebook ormai mi annoia...

e ti volevo postare questo video che ho visto l'altra sera e mi ha fatto pensare a questo post

http://www.tg1.rai.it/dl/tg1/rubriche/PublishingBlock-f459d8e1-7449-43cb-ae96-100e5f07bb4e.html#labelTG